Uno scambio di fialette alla banca del seme e la figlia di una
coppia lesbo, anziché bionda con gli occhi azzurri, nasce nera.
Sembra l’inizio di una barzelletta politicamente scorretta o
dell’incubo di un neo-nazista!
Le due donne, Jennifer
Cramblett e Amanda Zinkon, dopo
il loro matrimonio, avvenuto nel 2011, si erano rivolte a una banca del seme,
dove avevano scelto come donatore quello che era registrato come numero 330. Le
varie fialette di sperma, però, erano conservate con un’etichetta scritta a
mano ed è così che quel 330, scelto da loro, è stato confuso con il 380, che,
al contrario del precedente, è nero.
Certo, confondere un
3, scritto un po’ più chiuso è un conto, ma credere che un 8 sia un 3 mi viene
già un po’ più difficile da capire, ma questa è comunque la giustificazione che
è stata data.
Se questo fosse un
film (come direbbe il buon Lucarelli), sarebbe una commedia, di quelle trash,
scritta davvero male!
La coppia ha,
quindi, fatto causa alla banca del seme - che già aveva comunque risarcito
loro metà delle spese per l’inseminazione artificiale -, chiedendo un
risarcimento di cinquantamila euro.
La cosa che mi ha
divertito è la motivazione addotta dalle donne: vivono in un paese molto poco
tollerante verso i neri.
«Tagliare i capelli
a mia figlia è uno stress perché per un taglio decente devo andare un quartiere
nero, lontano da dove vivo, dove almeno in apparenza non siamo i benvenuti», ha
dichiarato Jennifer Cramblett. Vabbè, io che ho i capelli ricci e ho vissuto
per un anno all’estero, in un posto dove tutti erano solo lisci, mi fa capire
la frustrazione! Immagino non sia facile tagliare il riccio afro!
La figlia che avrebbero voluto |
Forse ci troviamo di
fronte a uno dei pochi casi di comunità razzista, ma assolutamente aperta nei
confronti dei gay, altrimenti mi immagino il discorso delle due donne: «Noi non abbiamo assolutamente alcunché verso
i neri. Abbiamo anche degli amici neri e credo che, a casa loro, possano fare
quello che vogliono, ma avere un figlio è un’altra cosa! I bambini
rischierebbero, poi, di essere bullizzati! Non come i figli dei gay!»
Vabbè, scherzi a
parte, se davvero è una comunità così chiusa, il colore della pelle sarebbe un’aggiunta
alla già possibile discriminazione della bambina per il solo fatto di essere
figlia di una coppia lesbo. Il problema è: questo tipo di discorsi, di solito,
non li fanno proprio quelli contrari ai figli delle coppie omosessuali?
La causa delle due
donne è stata respinta dal giudice, in quanto, essendo la bambina sana, non ci
sono gli estremi per portare avanti il procedimento.
Non sono ferrato in
diritto statunitense, ma va detto che non capisco il rigetto del giudice. Alla
base, c’è comunque un contratto che non è stato rispettato, a prescindere dalle
ragioni delle due che, volendo, avrebbero anche potuto addurre un: “la bambina
nera si abbina male alle tende del salone”.
La coppia tornerà in
tribunale a dicembre e, nel mentre, speriamo che tutta la faccenda non provochi
dolore alla piccola Peyton (il nome della bambina) e speriamo che sia in grado
di accettare la sua condizione di figlia di neri e di lesbiche. Magari, il suo
film preferito diventa Blade Ah, no è vero: troppo cazzuto! O comincia ad ascoltare Tracy Chapman! O mangia
soltanto pollo fritto KFC, con contorno di patate…
Oddio, è davvero
facile bullizzarla!
0 commenti:
Posta un commento